giovedì 3 settembre 2015

Il mare nero: l'altra faccia del Mediterraneo




L’immigrazione è il tema del momento.
Il cittadino di sinistra condivide le foto del bimbo siriano morto annegato - pubblicata dal Manifesto e da altri giornali in prima pagina - e altre foto di morti che galleggiano nel Mediterraneo, scandalizzandosi, indignandosi, dicendo che bisogna fare qualcosa, che siamo tutti responsabili, che si vergognano di fare parte della razza umana, che l’Europa è nazista. Coscienze risvegliate temporaneamente da foto toccanti.
Il cittadino di destra invece pubblica le foto di gente che si è arruolata per combattere l’ISIS e che poi in guerra è morta, perché per il cittadino di destra è quella la gente da ammirare, chi muore in guerra difendendo il proprio Stato (fuggire da una guerra, per uno di destra, è fondamentalmente un atto codardo!)
Entrambi questi cittadini comunque scrivono dal proprio computer (esattamente come sto facendo io adesso), o dal proprio cellulare, mentre stanno a casa, insieme alla propria famiglia, un pasto sempre caldo, un gabinetto funzionante, magari due bagni perché in famiglia si è in tanti (cioè in 4!) e contornati da una miriade di apparecchi elettronici (tutti rigorosamente made in China), e non hanno mai vissuto una guerra, né una vera e propria carestia, né nulla di niente. Hanno al massimo avvertito le conseguenze della crisi economica: hanno quindi al massimo accusato una diminuzione del proprio potere d’acquisto.
Poi ci sono i politici, che usano i flussi migratori per fare politica, per definire il proprio elettorato. Chi parla di accoglienza e chi di rispedirli da dove sono venuti. Questione di punti di vista, più il politico sarà convincente e più voti racimolerà.
E i giornalisti, che li usano principalmente per fare audience (anche se non mi è chiara una cosa - parlo da semplice osservatore senza entrare troppo nel merito - ma girando sui social e parlando di questo argomento con gente che conosco, ebbene, vi assicuro che esiste una grandissima parte della popolazione che malgrado tutto non ce l’ha con gli immigrati, tutt’altro. Ma quando ai telegiornali vengono intervistate le persone su questo argomento, puntualmente, il succo delle interviste è questo: “Loro hanno tutti i diritti, tutti. Hanno i soldi pure per ricaricare il telefono, hanno quaranta euro al giorno da spendere come vogliono più il vitto e l’alloggio, mentre noi che paghiamo le tasse nulla. Prima gli italiani, poi gli altri! E che cazzo!” In realtà - tralasciando i luoghi comuni colmi di inesattezze - c’è moltissima gente che non la pensa in codesto modo, eppure non viene colto questo punto di vista, nei nostri TG.)
Infine c’è chi l’immigrato lo sfrutta, perché è innegabile, questi disperati fanno comodo. Sono forza-lavoro da sfruttare, hanno tutte le carte in regole per essere trattati come schiavi. A crepare per qualche spiccio mentre raccolgono pomodori.

Di certo, almeno in parte, questo fomento e fermento contro gli immigrati è riconducibile a una lotta di classe: poveri contro altri ancora più poveri. Mentre il Mar Mediterraneo sta diventando una fossa comune, la fossa comune dei reietti del mondo. La fossa comune del nuovo millennio.
Il problema dell’immigrazione è davvero un problema, non sto qui a sventolare facili soluzioni, perché proprio non ce ne sono (per questo sollevare muri come stanno facendo in Ungheria, o marchiare i migranti indelebilmente con un numero nel braccio come stanno facendo in Repubblica Ceca, non servirà di certo a bloccare i flussi migratori)
Ma bisogna, credo, partire da un postulato di base: che nessuno partirebbe imbarcandosi in barconi improvvisati insieme ai propri figli se quell’acqua, quella fosse comune umida, non fosse relativamente più sicura della terra da dove partono. Nessuno affronterebbe viaggi da aggrappato sotto un treno, o dentro la pancia asfissiante di un tir. Nessuno.
Voi lo fareste? No, nessuno di noi lo farebbe.
Se loro stessero come noi, di certo non partirebbero.
La vita, la terra, da cui fugge quella gente credo che sia per noi inimmaginabile, ed è fin troppo facile, per noi, discutere da qui…senza aver visto, aver toccato, aver provato…noi siamo gli spettatori, i saccenti, i giudicanti, mentre là (nel Terzo Mondo) si muore di diarrea, di disidratazione, per qualche epidemia, di fame, o in qualche guerra dai motivi su cui forse è meglio non indagare (o forse il vero problema è che bisognerebbe indagare molto più a fondo sui motivi di certune guerre)
Con questo non voglio dire che dobbiamo sentirci chissà quanto in colpa (anche perché il sentirsi in colpa serve a ben poco, è semplicemente politically correct sentirsi in colpa: dona dieci euro al mese e manderai a scuola un bambino africano, e così potrai sentirti redento), e non significa che dovremmo accogliere tutti, indiscriminatamente (anche perché: rifugiati accolti dall'Arabia Saudita: 0, Dal Kuwait: 0, Dal Qatar: 0), ma perlomeno smettiamocela di scandalizzarci SOLO a suon di foto toccanti e strappalacrime (in quanto vengono pubblicate solo le foto strappalacrime che vogliono farci vedere, mica tutte. Di bambini morti uccisi, annegati, mutilati, spappolati, ne è pieno il mondo!)
Quindi ecco: non può e non deve essere una "semplice" foto a scandalizzare (per il tempo di qualche giorno, prima che buona parte del popolo eterogeneo di Facebook torni a pubblicare foto di gattini, cagnolini, tramonti, e che torni a indignarsi per qualche errore arbitrale).

Ecco, a me da un certo punto di vista, ciò che mi ha scioccato di più non è stata l'immagine di quel bambino morto affogato, e steso inerme a riva, ma è stato vedere quanto shock ha provocato la foto di quel bimbo morto, toccante straziante, per carità, ma ripeto: non può essere una "semplice" foto a scioccarci. Sopratutto perchè lo shock dato da una foto è come un'acquazzone nel bel mezzo di un'estate torrida, fa casino per mezz'ora e poi torna l'afa. Insomma: non serve a un cazzo. 

Anche perchè il dubbio che mi viene è che immagini del genere, più di ogni altra cosa, servano a farci abituare all'orrore, e non a farci mobilitare.



Il Signor L.

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