mercoledì 18 marzo 2015

Solitudine



Siamo ormai simili a un ammasso di esseri stipati in anguste proprietà private, sempre più minuscole, sempre più ammucchiati, ma sempre più soli; magari siamo legati alla nostra famiglia e abbiamo anche qualche amico, ma c’è sempre più isolamento fra le persone e nella società in generale, tanto che per sentirci meno soli abbiamo bisogno di acquistare cani o altri animali da compagnia che nella migliore delle ipotesi finiremo col trattare come se fossero nostri simili, e nella peggiore delle ipotesi come se fossero divinità da adorare;
inoltre non facciamo quasi più parte di alcuna comunità reale, abbiamo perso il concetto di comunità, di conseguenza c’è anche pochissimo impegno civico…insomma, ciò che c’è di più sociale al giorno d’oggi sono i social network e non a caso il male più dilagante e pericoloso di questo secolo non è il tumore, ma la solitudine…da cui a mio avviso poi fioriscono la depressione e la rassegnazione…
Ma il male non sta nella solitudine in sè per sè, in quanto la solitudine è una condizione che appartiene alla natura umana, tutto dipende da che utilizzo ne facciamo.
Come disse Seneca: la solitudine è per lo spirito ciò che il cibo è per il corpo, quindi chiunque prenda sul serio se stesso e la propria vita ogni tanto sente inevitabilmente il bisogno di restare solo, invece credo che l’incapacità di una solitudine costruttiva sia da considerarsi come una forma di nevrosi.
L’errore più in voga risiede nel provare terrore all’idea della solitudine, terrore che quindi ci porta a una spasmodica ricerca dell’altro, ma non per il piacere di una compagnia, bensì solo per paura di restare soli.
Ma i rapporti che si creano in questo modo non sono forme di amicizia, non sono legami genuini, sono come le merendine che sono buone solo perché ricche di zucchero…allo stesso modo quei rapporti sono in realtà amari, sono rapporti che non ci fanno bene, che non ci fanno maturare, perché servono solo a farci scappare da noi stessi…e finiremo così per sentirci soli e isolati anche in mezzo agli altri.
In realtà dovremmo solo attraversare il deserto che porta a noi stessi e raggiungere la solitudine, che è come un fiore: è la rinascita a partire da noi stessi.
Perché la vera solitudine è gioia di essere sé stessi.
Solo dopo l’altro diventa vera fonte di compagnia. Solo così troveremo l’amicizia.
Accettiamo quindi la solitudine. E coltiviamola.
Se invece continueremo a evitarla abbracciando una becera non solitudine finiremo con l’appiattirci sul pensiero altrui, sul pensiero dominante, e finiremo per seguire le mode e le tendenze del momento fino a diventare passivi e completamente dipendenti.
Serviamoci della solitudine per riflettere, per ricercare noi stessi e i nostri reconditi ma autentici desideri e per metterci in contatto con la nostra forza creativa…in definitiva dovremmo usarla per maturare individualmente…l’esatto contrario delle masse uniformate dove l’appiattimento e l’emulazione tendono a confondere e a far svanire l’individualità e così, ironia della sorte, nel tentativo di fuggire dalla solitudine gettandoci nella rassicurante non solitudine del conformismo, abbracceremo la solitudine peggiore, quella interna, divenendo strada facendo dei perfetti sconosciuti proprio a noi stessi; dovremmo invece usare la solitudine per imparare a stare soli perché solo in questo modo, strada facendo, non ci sentiremo più soli in quanto ci sentiremo sempre e comunque in compagnia di noi stessi…ed è solo tramite la conoscenza di noi stessi che potremmo accedere a uno stile di vita autentico, con quella vigoria che riesce a tramutare i sogni in realtà…mentre al contrario, senza conoscere noi stessi, i nostri falsi sogni si tramuteranno in sterili piagnistei, o se anche dovessimo riuscire a realizzarli non ci soddisferanno come speravamo, perché ci renderemo conto, prima o poi, che non erano i nostri sogni, ma sogni prestampati.



Il Signor L.

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